Gli esami, si sa, non sono mai solo dei figli che li devono sostenere: diventano, infatti, una prova collettiva e non solo nella pazienza a cui tutta la famiglia è chiamata nel sopportare stoicamente il nervosismo legittimo dei futuri candidati, ma a volte anche nella vera e propria fase di studio.
Se poi in famiglia si aggira con fare affettuosamente disponibile una madre con velleità didattico letterarie, per l’esaminanda non c’è più pace perché, oltre allo studio o al ripasso delle materie d’esami deve anche trovare il tempo per “accontentare” la suddetta genitrice accettando di ripassare con lei gli autori di letteratura in programma, dovendo anche fingere di esserle grata per l’approfondimento in verità non richiesto.
La madre letterata allora, sicura dei suoi passati studi, con aria felice e soddisfatta inizia il per lei indispensabile ripasso letterario, andando spedita con Foscolo, Manzoni e Leopardi, volando addirittura leggera su Verga e Pirandello.
Quando, però, s’imbatte in una poesia di Saba, deve arrestare la corsa e provare a ricordare qualche elemento che possa aiutarla, trovando nelle sue reminiscenze solo il lungo nome “ungarettisabamontale” della triade indistinta in cui è rimasto collocato.
Per prendere tempo, come uno studente avvezzo ad aggirare la più insidiosa delle interrogazioni, allora chiede di “ vedere insieme la poesia in programma” nella speranza che tra un verso e una parafrasi, potesse riafferrare il perduto scibile.
E così, aperto il libro su Città vecchia, “ poeteggia”.
Spesso, per ritornare alla mia casa
prendo un’oscura via di città vecchia.
Giallo in qualche pozzanghera si specchia
Qualche fanale, e affollata è la strada.
Poi chiosa.
”Qui il poeta ci indica qual è e come appare la strada che lo porta verso casa e dà all’aggettivo oscura una doppia valenza semantica: poco importante e buia, se è illuminata solo da qualche fanale che si rispecchia nelle pozzanghere”.
Riprende la poesia.
Qui tra la gente che viene e che va
dall’osteria alla casa o al lupanare,
dove son merci ed uomini il detrito
di un gran porto di mare,
io ritrovo, passando, l’infinito
nell’umiltà.
E richiosa: “Proprio negli aspetti più umili e bassi della sua città, uomini e cose, come rifiuti lasciati dal mare il poeta ritrova l’infinito…”
Accortasi dello sguardo titubante della di lei figlia, con fare didattico la invita a seguire la parafrasi, quasi rimproverandola dell’inaccettabile distrazione e imperdonabile disinteresse.
“Ma questa somiglia a una canzone di De Andrè?!”_ esclama la bistrattata studentessa:
“Ma che dici ?”
“Sì, l’ascolto sempre… e si intitola proprio Città vecchia”
Imitando il San Tommaso di evangelica memoria, si dispone ad ascoltare attentamente il brano incriminato e, dopo l’iniziale ritmo di una ballabile mazurka, si fanno chiare le parole che sembrano parlare della stessa città…
Nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi
ha già troppi impegni per scaldar la gente d’altri paraggi..
Indubbia appare la somiglianza anche all’incredula mamma letterata che, senza perdersi d’animo, incalza: “ Vedi? L’immagine rimanda alla via oscura di cui parla Saba, che qui, però, appare dimenticata da Dio.
E riprende l’ascolto :
Se ti inoltrerai lungo le calate dei vecchi moli
In quell’aria spessa carica di sale, gonfia di odori
Lì ci troverai i ladri gli assassini……
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ma se capirai, se li cercherai fino in fondo
se non sono gigli son pur sempre figli
vittime di questo mondo.
“Quella che anima la città di De Andrè è simile a quella di Saba” … continua a spiegare ormai affascinata dall’inaspettata somiglianza letteraria mentre legge
Qui prostituta e marinaio, il vecchio
Che bestemmia, la femmina che bega…
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sono tutte creature della vita
e del dolore…
s’agita in esse , come in me, il Signore.
Ma, mentre in De Andrè l’umanità appare sola e abbandonata dallo sguardo del buon Dio, in Saba si sente che proprio questa bassa e semplice umanità diventa religiosa testimonianza del divino e…
“ Basta, così, mamma: ho capito!”.
Grata alla figlia per l’inaspettata lezione di letteratura comparata, non può non sentire l’esigenza di rivolgere a tutte le mamme il doveroso appello di non arrabbiarsi con i loro figli se ascoltano musica invece di studiare sui libri perché la letteratura si impara anche così.
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